Valextra incontra l'autore di "Ingressi di Milano"

Il curatore e direttore di “Ingressi di Milano” racconta, attraverso la sua ispirazione, i suoi punti di forza e di ciò che rende unici i famosi ingressi di Milano.

Karl Kolbitz non immaginava cosa avrebbe trovato quando si è avventurato, circa dieci anni fa, in un lungo viaggio di ricerca, per realizzare il suo libro “Ingressi di Milano”. Grande appassionato di Milano, il creativo berlinese ha scoperto un microcosmo unico di arte e architettura, che cattura la costante e seducente giustapposizione Milanese tra sobrietà e spontaneità. 


Ispirata dalle stesse forze, Valextra ha scattato la campagna SS22 in una selezione di ingressi milanesi preferiti, per cui per l’intervista di questo mese Kolbitz era decisamente il nome in cima alla lista.

Qui condivide la sua visione unica, su cosa renda questi straordinari ingressi una gioia per gli occhi. 

 

Valextra: Da dove arriva l’ispirazione per “Ingressi di Milano”?

 

Karl Kolbitz: Vengo a Milano da tanti anni e ne sono sempre stato affascinato. Ho sempre pensato che fosse splendida per l’abbondanza di architettura eccezionale e di design. È stato durante una passeggiata di notte: lì ho realizzato quanto gli ingressi, illuminati dalle luci, emergessero con personalità. Quando li si guarda di giorno, non si riesce a vedere gli spazi interni, ma quando fuori il mondo è buio si può guardare dentro e vedere la profondità attraverso le loro vetrate; è allora che il loro potere si sprigiona! Mi sono informato sull'argomento e non era stato fatto nulla. Se ne era parlato come nota a margine in alcune pubblicazioni di architettura, ma non c'era mai stato un focus su di loro. Il libro è un'idea nata da una conversazione con amici, architetti, designer e urbanisti, quando ci siamo resi conto del fenomeno degli ingressi di Milano.

 

V: Cos’è che rende questo fenomeno così unico a Milano, secondo te?


KK: La bellezza di Milano non è come quella di Roma, Venezia o di Firenze. È un tipo diverso di bellezza: è un gusto acquisito nel tempo, motivo per cui ha avuto per secoli la reputazione di città brutta. Questa bellezza è perfettamente catturata nei suoi ingressi. Il contrasto tra l’interno e l’esterno, il dentro e il fuori, il privato e il pubblico, l’ospitalità e la difesa: costituiscono zone cuscinetto tra la propria casa e il mondo esterno, che catturano le giustapposizioni tipiche di Milano. Questi spazi fra architettura, design e arte, hanno avuto il loro apice nel dopoguerra, quando Milano è rifiorita e artisti e architetti hanno collaborato a progetti di ogni tipo. La sintesi di tutto ciò era costituita dagli ingressi.  


V: Come lo hanno percepito i milanesi?

 

KK: è stato incredibile vedere il feedback dei milanesi, hanno apprezzato moltissimo il libro. La mia esperienza con i milanesi in generale è che possono essere molto discreti e riservati, ma in realtà si rivelano persone molto aperte e accoglienti. Sono curiosi e si interessano alle cose. Molti milanesi mi hanno detto che il libro li ha riempiti di orgoglio e questo è stato il più grande complimento. L’occhio di uno straniero ha catturato qualcosa di familiare, ma la mia preoccupazione era di creare qualcosa che sembrasse fatto da un punto di vista esterno. Per questo ho collaborato con molti milanesi, perché era importante avere questo scambio.

V: Come si è svolta questa ricerca? 


KK: Una via sarebbe potuta essere quella di scegliere dieci tra gli architetti più famosi, e selezionare dieci edifici e ingressi di interesse - ma non volevo farlo. Sarebbe stata un’espressione di Milano, ma non avrebbe rispecchiato la vera struttura urbana. Volevo rappresentasse l’esperienza che ho vissuto io e che credo sia un’esperienza condivisa da molti altri. Si trattava di una osservazione accessibile, tutto visto dalla strada, senza nessun accesso privilegiato. Questo approccio democratico è il filo conduttore di tutti i miei progetti e chiunque può visitare questi ingressi. Non è un libro di interni che parla di esclusività o di accessi esclusivi: è fatto dalla strada, camminando. Quando si cammina per una qualsiasi strada, si possono trovare ingressi belli, insoliti, audaci, alcuni di nomi noti e molti di cui non si conosce l'autore.


V: Ci sono 144 entrate all’interno del libro. Come avete fatto a selezionarle?


KK: Per prima cosa, ho guardato gli ingressi di tutti i tipi di palazzi, non soltanto residenziali, ma anche banche, scuole, stazioni di polizia e uffici postali di Milano che fanno venire voglia di scriverci un libro! Poi ci sono, ovviamente, le ville: Villa Necchi per esempio ha una sala di ingresso favolosa, ma ci siamo focalizzati solo sui condomini.

La varietà degli ingressi a Milano, non solo nel libro ma anche nel mondo reale, è così vasta. Con la combinazione di legno, pietra, metallo, illuminazione e opere d'arte, ce n'è per tutti i gusti. Alcuni sono davvero stravaganti, per cui ho cercato di trovare un buon equilibrio tra il bello, il bizzarro, lo strano e il particolare; la bellezza può essere qualsiasi cosa, dopotutto. A qualcuno potrebbe piacere l'accostamento di questa pietra e di quel marmo e io potrei trovarlo assolutamente osceno, mentre per qualcosa che io trovo seducente voi potreste alzare le spalle: è una percezione personale!

 

V: E come hai deciso chi includere nel progetto? 

 

KK: Non volevo presentare solo gli architetti famosi, le opere dei Gio Ponti e dei Piero Portaluppi del mondo. Sono certamente inclusi, ma abbiamo anche selezionato molti edifici di architetti che non conoscevamo. Siamo andati nell'archivio comunale - un'istituzione eccezionale - per trovare gli architetti di alcuni civici e cercare di scoprire chi c'era dietro gli ingressi. In pratica, mi sono recato lì e ho detto che stavo lavorando a un progetto e che avevo 250 edifici da ricercare, e il suo brillante direttore, Francesco Martelli, mi ha detto: facciamolo! È una cosa insolita per gli archivi, perché spesso non amano lavori ulteriori, perché significa spostare molti documenti. La sua disponibilità è stata grande perché all'epoca non avevo ancora un editore. Ho presentato a Taschen un progetto completo e accuratamente studiato!


V: È una mossa coraggiosa, farlo senza ancora un editore.


KK: Per un po' ho voluto custodire il progetto perché pensavo che un editore avrebbe voluto pubblicare un mucchio di belle foto e farlo uscire in fretta, sentivo che facendo questa cosaavrei avuto la responsabilità di farlo nel modo migliore e applicare il livello di ricerca che ha effettivamente raggiunto alla fine. Ha il fascino di un bel libro da salotto, ma va anche oltre. Ci sono moltissime informazioni: ogni singolo dettaglio è accreditato nelle didascalie in ogni pagina e ci sono saggi scritti da studiosi del settore, del calibro di Fabrizio Ballabio, Lisa Hockemeyer, Daniel Sherer e Penny Sparke; ogni tipologia di pietra è stata identificata con commento della geologa Grazia Signori, supportata da Angela Ehling, e ogni oggetto di design da parte di Brian Kish, che ha identificato ogni maniglia, lampada, applique e sedia presente. È la prima volta che si scrive su questo argomento e non avrei mai potuto farlo senza il nostro team e, naturalmente, senza tutte le persone a cui ho chiesto consigli e suggerimenti per assicurarmi che il lavoro fosse impostato nella giusta direzione.

“Ho cercato di trovare un buon equilibrio tra il bello, il bizzarro, lo strano e il particolare; la bellezza può essere qualsiasi cosa, dopotutto”

V: E dunque, ci sono dei preferiti? O è una domanda impossibile?


KK: Non preferiti, ma di sicuro più rilevanti. Uno è Viale Tunisia, 44. Lo adoro per la sua semplicità e caratteristica principale: la porta in vetro e acciaio che dà accesso al cortile posteriore e che conferisce una prospettiva tridimensionale allo spazio. Questo particolare tipo di caratteristica si vede in molti luoghi e ingressi ed è un riferimento diretto a uno dei luoghi storici più sorprendenti di Milano, una piccola chiesa appena fuori dal Duomo, opera del Bramante: la Chiesa di Santa Maria presso San Satiro. Questa chiesa è straordinaria per il suo sfondo tromp l'oeil.

Un altro punto di forza, facilmente visibile dalla strada, è Palazzo Ina in Corso Sempione 33. Questo edificio è sorprendente per la sua combinazione di opere d'arte e di arte contemporanea e per la combinazione di colori e materiali: il pavimento è in marmo bianco Palladiano con stuccatura rosa, i pilastri sono in cemento picconato e poi ci sono mosaici blu, bianchi e rosa sulle pareti. L'edificio è piuttosto insolito nel contesto milanese, perché sembra più una palazzina residenziale che si potrebbe vedere a San Paolo, ma l'ingresso al piano inferiore è decisamente milanese.


V: Cosa speri che i lettori portino con sé da questo libro? Un senso di apprezzamento e curiosità nello scoprire da soli gli ingressi, forse?

 

KK: Un sacco di ingressi non sono elencati e sono alla mercé dei proprietari. Ci piace sperare che un progetto come “Ingressi di Milano” crei consapevolezza, stimoli ulteriori ricerche e aiuti gli sforzi di conservazione. È un po’ come il modo in cui Valextra sta portando l'attenzione su questi ingressi, scegliendoli come sfondo della nuova campagna. In effetti, gli ingressi di Milano sono come palcoscenici e sono uno scenario spettacolare per mettersi in mostra!

 

Entryways of Milan è curato e diretto da Karl Kolbitz ed è pubblicato da Taschen.

 

Crediti fotografici:

Matthew Billings

Entryways of Milan, a cura di Karl Kolbitz

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