Valextra Incontra Sebastiano Leddi di Perimetro

Perimetro nasce a Milano e racconta la bellezza della città attraverso scatti fotografici. Assieme a Sebastiano Leddi, Editor in Chief e Founder del progetto, Valextra esplora e cattura le sfumature e il fascino della sua città natale.

Milano è una città tutta da scoprire, piena di spunti di osservazione e di differenti prospettive, fisiche e culturali. Le lenti di quattro fotografi hanno racchiuso l’essenza della città, osservandola da personali punti di vista, restituendo poesie visive. Sebastiano Leddi, Founder ed Editor in Chief di Perimetro ci racconta la sua idea, di far conoscere Milano attraverso la fotografia.


Valextra: Ciao Sebastiano. Grazie per la collaborazione e per questa intervista. Iniziamo col chiederti cosa rappresenta per te Milano?

 

Sebastiano Leddi: Milano è la città in cui ho sempre vissuto. Rappresenta il luogo dove hanno abitato i miei nonni e dove è cresciuto mio figlio. Milano è il posto che non mi sono scelto ma che posso dire a tutti gli effetti di poter chiamare casa. 

 

V: Parlaci di te, delle tue esperienze e di come è nato il progetto "Perimetro". Qual è stata la scintilla che lo ha reso possibile?

 

SL: Il forte desiderio di restituire un’anima a Milano in un momento in cui la sua narrazione era soltanto finalizzata a promuoverla in termini di marketing territoriale. 

 

V: Il claim di Perimetro, anche sul tuo profilo LinkedIn è: “Milano come non l’avete mai vista”. Ci parli di questo?

 

SL: Volevamo raccontare nuove storie, aspetti della città che la gente non conosce, o che ha sotto il naso ma non si è mai soffermato ad osservare. 

 

V: Come sai, Valextra nasce proprio a Milano, nel 1937 e fa dell’osservazione il suo punto di forza per realizzare prodotti che vadano incontro alle esigenze della gente. Quale spunto di osservazione ha colto oggi, la lente di Perimetro, fra le esigenze di chi vive Milano?

 

SL: il tema dei bisogni può essere molto ampio da affrontare qui in poche righe. Le esigenze dei cittadini sono tante e molto diverse, a seconda dei target di appartenenza. Un bisogno comune di chi vive a Milano potrebbe essere essere quello di volersi sentire un cittadino e non un “cliente consumatore”, sentirsi parte di qualcosa.

V: Come è nata la collaborazione con Valextra?

  

SL: siamo entrati in contatto con il progetto di Valextra grazie a Ground Control. Entrambi hanno pensato che potessimo essere gli interlocutori giusti per raccontare questa città, dando vita a SignTimes.

 

V: Parlaci del progetto che avete pensato per la Boutique in via Manzoni di Valextra e per il Valextra Caffé.

 

SL: SignTimes è un progetto che parte da un tipo di fotografia che normalmente si identifica con la street photography. Abbiamo lanciato un’open call sui nostri canali e abbiamo selezionato quattro fotografi. La scelta è stata complessa perché erano molti i fotografi ad aver risposto alla call, e diversi di questi avrebbero meritato uno spazio. Mi autocito riproponendovi un passaggio del testo curatoriale che ho prodotto per il progetto fotografico: “I quattro sguardi, seppur molto diversi, raccontano Milano nel presente, in un certo senso la rappresentano, alle volte nella loro realtà oggettiva, alle volte l’astraggono riproducendone un’immagine artefatta che parte però sempre da elementi veri, concreti, che sommandosi producono scene surreali. Sicuramente Milano è tutto questo e molto altro ancora”.

 

 V: Quali valori dovrebbe trasmettere il vivere in città, oggi?

 

SL: Vivere assieme in modo sinergico, costituendo un rapporto collettivo, banalmente quello che dovrebbe succedere in una qualsiasi comunità; questo però si scontra con il forte individualismo che la società stessa genera. Non a caso, ci stiamo domandando se vivere in città abbia ancora senso e sono tanti i giovani oggi che immaginano forme di comunità alternative. La stessa crisi energetica comporterà importanti cambiamenti sociali e nuove forme di comunità energetiche (persone che condividono forme di energia alternativa), portando persone a vivere fuori dai centri urbani.

 

Per il progetto abbiamo selezionato e scelto quattro fotografi: Rafa Jacinto, Guido Morozzi, Carolina Lopez e Riccardo Cattaneo.

 

V: Ci dici qualcosa in più sulle loro direzioni artistiche?

 

SL: Vi riporto qui di seguito una breve analisi che ho fatto del lavoro di ognuno di loro: Rafa Jacinto, per realizzare la sua serie, ha passeggiato a testa alta per trovare il raggio di sole che rimbalzasse contro un palazzo vetrato per poi riflettersi sulla strada, o sul marciapiede. Una volta individuato lo spot luminoso, restava appostato nell’attesa che qualcuno camminando incrociasse il raggio di luce. Il suo lavoro raccoglie una serie di elementi, che si sono allineati cosmicamente in un attimo, l’attimo in cui Rafa ha scattato le fotografie.

 

Per Guido Morozzi il momento si manifesta invece quando due elementi si incrociano tra loro, entrando in dialogo. Quando qualcuno si siede sulla panca della fermata del tram e voltandosi incrocia lo sguardo della top model, raffigurata nella pubblicità affissa, che lo sovrasta. Guido aspetta un’espressione, una reazione, qualcosa che generi un’interazione tra i due, e proprio in quel momento scatta la fotografia. In quell’istante quel qualcuno diventa anch’esso un’immagine e può quindi convivere con l’altro personaggio come se abitassero la stessa dimensione.

 

Il termine follower in questi ultimi anni ha assunto un significato molto chiaro per tutti noi, fa riferimento ai social media, a chi segue i nostri profili e ha accesso ai nostri contenuti. L’investigatore privato segue, alle volte insegue, i soggetti della sua indagine, nella speranza di coglierli in fragrante con le mani nel sacco. Carolina Lopez segue le ragazze per le vie del centro, fotografando le loro nuche, quasi fosse ossessionata dai capelli, dalle schiene, dalle spalle delle persone che incontra per strada. Quello che ne viene fuori è una serie di scatti diversa e per certi versi atipica, che offre però un punto di vista molto comune per chi attraversa a piedi le vie della città, iperrealista, ma non convenzionale perché non rappresenta correttamente i soggetti, che essendo voltati diventano totalmente impersonali, distanti dalle rappresentazioni “corrette” cui siamo abituati ad avere a che fare.  

 

Riccardo Cattaneo invece vaga per Milano, mosso dalla curiosità alla ricerca dell’inconsueto. È un lavoro che prende molto tempo e probabilmente costringe a fare molti chilometri. A differenza degli altri fotografi del gruppo non resta appostato, non aspetta lo scatto. D'altronde, che percentuale di possibilità potrebbe avere l’eventualità in cui un uomo con una t-shirt a righe bianca e rossa possa passare a fianco di un nastro segnaletico per lavori in corso a righe bianche e rosse? Non è un’eventualità prevedibile, o per lo meno potrebbe richiedere anni di attesa.

Il lavoro di Riccardo è fortemente determinato dal caso, e lui lo aspetta con gli occhi ben aperti.


Fotografi in ordine di apparizione:


Carolina Lopez

Riccardo Cattaneo

Rafa Jacinto

Guido Morozzi


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