Valextra incontra FAM

I collaboratori di Valextra FAM ci parlano della loro arte nel catturare l’attimo, di come definiscono l'unicità e dell’andare incontro all’inaspettato.

Catturare l’attimo è il loro stimolo costante, per cui chi meglio dello Studio di design di Amsterdam FAM (Formats and Mechanisms) poteva collaborare alla nostra Serie Follow The Bag, girata fra le vie di Milano? Cogliendo l’attitudine milanese dal punto di vista di una borsa Valextra in base a come è indossata, vissuta e ammirata, i fondatori Philip Schütte e Mark Prendergast evocano l'energia, il fascino e la sobrietà razionalista di Milano. Qui, ci parlano di come ricerchino le sfumature in ogni situazione, mantenendo come punto centrale la spontaneità, caratteristica distintiva anche della nostra Milano.


Valextra: Buongiorno FAM, iniziamo col chiedervi come definireste il vostro approccio lavorativo.

 

FAM: Ci piace scomporre le cose fino all'essenziale per avere un'idea del contesto e delle strutture sottostanti di ciò con cui stiamo lavorando, e poi da lì, iniziare a costruire, in modo da coinvolgere e provare a provocare quel contesto. Spesso partiamo da un approccio tecnologico, ma cerchiamo di non essere troppo tecnici e di trovare piuttosto modi meno netti, per arrivare a qualcosa di poetico.

 

V: Potete spiegarci meglio in che modo?

 

FAM: Il più delle volte si tratta di sperimentazione ad ampio raggio, che è sempre un fattore basilare per noi. Il caso e la spontaneità giocano un ruolo importante, in una sorta di equilibrio tra l’avere pieno controllo su certe cose e il tenere gli occhi sempre aperti verso situazioni inaspettate. Così facendo lavoriamo seguendo il materiale e il processo e ci lasciamo guidare da esso. Sul piano visivo, la costruzione risulta molto accurata. Ci piace provare ad aprire nuovi punti di vista. E poi siamo molto interessati al tema dell'attenzione e al modo in cui il pubblico è portato a vivere le cose in determinati modi, un aspetto su cui puntiamo molto.

 

V: Per Follow The Bag, girato a Milano, i vostri cortometraggi catturano tragitti e prospettive di borse uniche. Quali sono gli elementi chiave che avete ritenuto importante cogliere?


FAM: Siamo usciti per le strade di Amsterdam fuori dal nostro studio e abbiamo osservato. Il più delle volte è così che facciamo, perché rende in modo più tangibile un progetto destinato a diventare una versione alternativa della realtà. Se si guarda con attenzione, le borse svolgono un ruolo ben preciso nelle nostre attività, quando si ripongono le chiavi dell'auto dopo un viaggio, quando si fa jogging, quando si porta a spasso il cane che si aggroviglia al guinzaglio. È da qui che siamo partiti.


V: In che modo avete reso Milano protagonista della campagna e quanto ritenete che la sua sinergia sia stata determinante per il risultato?


FAM: La splendida Milano ha offerto i giusti scenari a tutte le sequenze, quasi impercettibilmente. Questa città ha un'identità così forte in termini di luce, materiali e opere architettoniche in ogni angolo. È stato veramente bello passare da una location all'altra. Desideravamo sfruttare la varietà delle ambientazioni per raccontare la città attraverso il tempo libero e il lavoro. Grazie ad alcuni amici del posto abbiamo individuato, e speriamo trovato, luoghi rappresentativi che parlino di tutti questi temi.


V: Quando vi rivolgete al vostro pubblico, come lo aiutate a osservare qualcosa di già noto, attraverso una nuova lente?

 

FAM: Nel caso specifico di Follow The Bag, guidiamo l'attenzione esattamente dove vogliamo che vada, ma poi introduciamo tante rotazioni che fanno perdere la concreta percezione di dove sia la linea dell'orizzonte. Ci affascina il gioco tra iper-disorientamento e una forte messa a fuoco. Permette di vedere gli oggetti in un modo nuovo e stravagante. Troviamo anche interessante il fatto di poter mostrare i prodotti sottosopra e in tutte le posizioni più insolite, cosa che convenzionalmente risulterebbe strana. Poi, c’è anche un aspetto legato a quanto detto sopra e cioè che non vogliamo essere troppo elaborati o almeno non nella maniera tradizionale. Questo ci porta spesso verso risultati piuttosto brutalisti, con un’estetica il più possibile onesta e senza aggiunte di fronzoli non necessari.

V: In un mondo di contenuti iperbolici come quello in cui viviamo, quanto è importante per voi trasmettere un messaggio di innovazione e intimità, come nel caso di Follow The Bag?

 

FAM: Pensiamo che il senso di innovazione sia il risultato di ciò che si osserva o si realizza, ma alla fine si tratta di un giudizio piuttosto soggettivo. Ci sentiamo fortunati per aver realizzato cose che sono state considerate innovative, ma riteniamo che l'intimità sia l'aspetto più importante, perché è la componente più fragile nel mare dei contenuti. Le piattaforme social sono grandi equalizzatori di contenuti e appiattiscono tutti i tipi di sfumature, intenzioni e filmati. Essere se stessi o l'idea di sentirsi visti e di avere un proprio ruolo, anche quello di osservatore passivo, è la chiave per far emergere qualcosa da un’infinità di immagini.


V: Come definireste il termine o il concetto di “unico”?

 

FAM: Beh, è una parola complessa da definire, soprattutto oggi che l'unicità viene mostrata sulle nostre piattaforme mediatiche così tanto da aver perso quasi del tutto significato e rilevanza. Per noi l'unicità deriva da un percorso. Un iter composto da analisi e precisione, che assicura e contraddistingue il risultato con l'unicità, come se fosse una caratteristica a sé stante. È un processo che permette di comunicare secondo il proprio modo di essere, e che si spera non si avvalga di un linguaggio generico.

 

V: Cosa vi spinge a riprendere un determinato momento dal vivo?

 

FAM: È una domanda interessante. Può essere che sia dovuto al fatto che la definizione di "momento reale" sia diventata controversa. Forse è per il fatto che, sebbene versioni patinate della realtà siano onnipresenti sui social media, siamo diventati sempre meno abituati a questi momenti e magari abbiamo anche iniziato a rifiutare di vedere le cose per come sono. Tutto è diventato oggetto di consumo, anche i normali momenti dal vivo. Sta accadendo qualcosa di assurdo, che forse è iniziato da quando è stata inventata la fotografia, ma che al giorno d'oggi appare sempre più strano e disordinato. Ma noi siamo interessati al movimento e ci piace esplorarlo, per arricchire il nostro linguaggio.

 

V: Ci potete spiegare come si progetta qualcosa che verrà percepito e visto come spontaneo? Quali sono le difficoltà che si possono incontrare?

 

FAM: (Risate) Questa è una domanda curiosa visto che siamo entrambi un po' allergici alle cose troppo costruite o iper prodotte. È ovvio che quando si realizza una Serie come questa rischi di venire un pa a meno la realtà o la spontaneità, perché si tratta di una realtà costruita, per mettere in risalto il prodotto. Però abbiamo scelto di fare determinate azioni, per lasciare che si verificassero i momenti più spontanei.


V: Interessante! Del tipo?

 

FAM: Abbiamo cercato di limitare al minimo la squadra sul campo. La mattina del giorno delle riprese però siamo arrivati e abbiamo trovato un team di produzione più numeroso di quello che avevamo previsto; spesso siamo sgattaiolati via con le modelle, per farle sentire rilassate e riuscire a ottenere con loro dei momenti autentici. I nostri criteri di selezione sono stati piuttosto fuori dal comune. Non abbiamo cercato modelli e modelle con movenze e canoni convenzionali, ma piuttosto qualcuno che ci sembrasse una persona più comune, fra i tanti, in grado di divertirsi e di portare qualcosa di autentico e vero all’interno della scena. Inoltre, abbiamo deciso di fare tutto in one-shot, il che ha significato scegliere una singola ripresa che secondo noi avesse qualcosa di interessante, piuttosto che montare tutte le parti migliori!

 

V: Perciò, quando lavorate a una Serie come Follow The Bag abbracciate l’imprevisto o ogni fotogramma è stato pianificato in anticipo?


FAM: Come già spiegato, assolutamente sì vogliamo e aspettiamo l’imprevisto! Certamente però abbiamo già chiari gli scenari che permettano all'inaspettato di trovare il suo posto.

 

V: Il vostro lavoro ha una natura cinematografica: avete icone che ammirate e modelli a cui vi ispirate?

 

FAM: Sì, certo, ammiriamo tante persone e creatori diversi. Crediamo che questo sia un momento particolare per i Creativi. Ammiriamo chiunque si dedichi alla creazione e abbiamo un debole per gli artigiani. Apparentemente potrebbe sembrare che la vocazione all'artigianato stia perdendo importanza, ma a nostro avviso è vero proprio il contrario. Uno dei nostri riferimenti cinematografici in questo senso è il regista svedese Ruben Östlund. 


V: Cosa sperate che Follow The Bag possa suscitare in chi la guarda?

 

FAM: Speriamo che le persone possano apprezzare e trovare il loro personale punto di approccio. Potrebbe trattarsi della semplicità delle storie, del cane, dell'atmosfera sonora, della luce, del modo in cui si svolge un'idea spontanea o della maestria e della precisione con cui sono stati realizzati, che è alla fine il motivo per cui quello con Valextra si è rivelato essere un match perfetto.